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lunedì 31 ottobre 2011

Il prete bello - Prima parte

Signore e signori... rullo di tamburi... :-) ho l'onore di ospitare un racconto dell'amico Tibetano che non so perché si è convinto che tale scritto non possa essere ospitato nei suoi soliti "canali" informatici... forse troppo poco erotico rispetto ai livelli a cui ci ha abituato? A me è piaciuto molto, e  sono ben lieta di accoglierlo nel mio blog. E' un po' lungo quindi lo dividerò in tre parti, comunque fila via liscio!


IL PRETE BELLO







(C’è un romanzo con il medesimo titolo scritto da Goffredo Parise negli anni 50, ma è una coincidenza, i temi trattati sono diversi.)


L’assassino disteso sul ventre era in attesa da oltre un’ora. Il suo obiettivo stava ancora parlando nella piazza del paese. Si mosse leggermente solo per evitare ogni forma d’indolenzimento, poi controllò ancora una volta l’alzo del fucile di precisione, controllò che le pallottole a camera cava fossero correttamente inserite nel caricatore dell’arma. Pensò alle conseguenze dell’impatto delle pallottole, al buco grosso quanto un pugno che causano e non lasciano scampo alla vittima. Avvicinò l’occhio destro al mirino telescopico che corredava il fucile. Inquadrò il viso dell’oratore nel reticolo a croce e respirò a fondo. L’uomo con la fascia tricolore al petto appariva bellicosamente infervorato. Vedeva distintamente il muoversi delle sue labbra, accalorato com’era nel discorso. Senz’altro stava denunciando le malefatte della parte avversa del consiglio comunale. L’assassino contò fino a tre e tirò dolcemente il doppio grilletto dell’arma. Nonostante il contraccolpo del fucile vide un fiore rosso sbocciare improvviso sul viso del sindaco prima che questi cadesse all’indietro come colpito da un bastone, contemporaneamente lo assordò il suono secco dello sparo.

L’assassino si rialzò, verificò di non lasciare nulla che potesse portare a lui e lasciò il luogo del delitto.

Per certuni la bellezza è una maledizione? Certamente è un valore aggiunto, di solito, ma per un religioso? Un motivo in più per rendere difficile o impossibile il cammino verso il paradiso.

Il problema gli fu posto dal suo confessore quando gli esternò la volontà di prendere il voto, di diventare un prete. Il vecchio sacerdote glielo disse chiaro..

-Sei troppo bello figliolo.. avrai un mucchio di difficoltà per non incorrere nel peccato. La lussuria è permanentemente in agguato e tu sarai sempre sotto assedio. Già in seminario ti concupiranno..-

E continuò.

-E poi.. che profondità ha la tua fede? Mi parli di missione, della tua volontà di salvare il mondo, ma la vita di un prete è anche altro. Ci vuole costanza e molta rassegnazione perché non vedi nulla dei cambiamenti sperati, diventa tutto una routine..-

Addirittura il giovane aspirante prete non era neanche più vergine. Aveva conosciuto la tentazione della carne e il conseguente peccato. E per di più sia con una donna che con un uomo. Ma non sentiva la contraddizione di tutto ciò. Il peccato conviveva con la sua determinazione, con ciò che riteneva fosse fede.

La donna era stata sua zia. Avvenne tutto durante un’estate nella quale era stato assegnato alla sua custodia. La vedeva, nei pomeriggi assolati e mentre fingeva di dormire, togliersi la leggera camiciola che indossava e accarezzarsi lungamente i bei seni sodi. E la notte, dato che dormivano nello stesso letto della casa di campagna, la sentiva masturbarsi. Sentiva i suoi gemiti e avvertiva i suoi movimenti che partivano inizialmente come furtivi per diventare scomposti al momento dell’orgasmo. Lei si liberava del lenzuolo e si toccava violentemente. Una notte poi.. lei in preda ad una vera frenesia lo cercò con la mano e trovando il ragazzino eccitato prese a masturbarlo. Da lì.. fu quasi naturale progredire nell’atto completo. Non solo questo, ma lui la guardava e si masturbava anche quando lei si faceva prendere al buio dal suo fidanzato di allora. Il contatto con l’uomo era stato successivo a quest’episodio. Era un accompagnatore della parrocchia, ma almeno in questo caso non arrivarono mai ad atti completi, solo a maneggiamenti e ad episodi di fellatio.

Il suo trascorso in seminario fu solo un seguito infinito di peccati di lussuria, con i suoi confratelli nelle lunghe notti e con gli insegnanti di teologia. Molte furono le occasioni e finirono solo con il suo ordinamento a prete. Poi il suo ufficio religioso in varie parrocchie mentre lui desiderava essere inviato in qualche missione in Africa. Qui nelle parrocchie iniziò subito ad essere la preda di parrocchiane affascinate dalla tonaca e dalla sua prestanza. Continuò a peccare, poi confessava regolarmente i suoi peccati. Era rimproverato ed esortato a non cadere più nella lussuria, lui prometteva ma poi? Poi.. al momento critico era senza difesa.

Al momento dell’omicidio del sindaco era il parroco del paese.

Un parroco amato dalle parrocchiane e mal visto dagli uomini, più per una forma di gelosia che per come esercitava il suo compito pastorale, male era sopportata la sua bellezza e la sua fama di donnaiolo. Si, molte, troppe erano le voci che lo riguardavano. Molte le gelosie fra donne e molte le chiacchiere malevole o maliziose che provocava.

Quando arrivò nella piazza dove si era svolto il comizio il corpo del sindaco era coperto da un lenzuolo bianco insanguinato. Era trascorso del tempo ma la folla stava ancora assistendo sgomenta. Si sentivano voci che affermavano che era stata la parte avversa ad ucciderlo, altre che invece individuavano nella malavita la colpa dell’accaduto.

Il prete bello si avvicinò al corpo, chiese l’autorizzazione a scoprire quella parte che copriva la testa per potergli dare l’estrema unzione. Gli fu concesso.

Controllando la sua nausea alla vista del viso distrutto, passò l’olio santo sulla fronte del morto e recitò a bassa voce la formula dell’estrema unzione.

-Per istam sanctam unctionem et suam piissimam misericordiam adiuvet te dominus gratia spiritus sancti, ut a peccatis liberatum te salvet atque propitius allevet.-

Scambiò poi qualche frase di circostanza con i presenti, chiese cosa fosse effettivamente successo e si recò dalla vedova per portarle il conforto della fede.

L’assassino si prese il tempo di pulire la canna del fucile con lo scovolo apposito. Oliarlo. Pulirlo con uno straccio umido per togliere ogni traccia d’uso e le impronte digitali, rimetterlo nell’armadio delle armi. Chiudere l’armadio, porre la chiave nel nascondiglio. Sapeva che un proiettile a camera cava si deforma all’impatto tanto da rendere impossibile un confronto con l’arma che lo ha sparato, ma meglio essere precisi e prudenti. Prese la moto e andò in piazza.

Il prete bello andò alla casa del sindaco. Già era invasa da parenti e amici. La vedova era in camera sua. Piangeva ed aveva gli occhi arrossati, lui le si avvicinò, le prese la mano e la esortò a reagire, doveva farlo nell’interesse suo e dei suoi due piccoli figli. La vedova gli chiese se poteva tornare più tardi, voleva il conforto delle sue parole, pregare assieme. Dopo che parenti e amici avessero lasciato casa. Il prete bello chiese dove sarebbe stata allestita la camera ardente. Il corpo, disse la vedova, doveva restare a disposizione delle autorità per l’autopsia, non sapeva quando sarebbe stato possibile fare il funerale. Acconsentì a tornare. Avrebbe aspettato che la casa si svuotasse e poi sarebbe tornato. Pensò sempre alla vedova mentre si recava in canonica. Era molto bella nonostante il dolore.

Da subito le indagini partirono male. Gli inquirenti ci misero un’infinità a trovare il luogo da dove l’assassino aveva sparato. Intanto era scesa la notte e la pista era fredda. Innumerevoli persone avevano invaso il luogo, camminato in lungo e in largo, era ormai difficile, anzi impossibile, trovare indizi utili. Il magistrato inquirente iniziò a pensare a chi avesse interesse ad eliminare il sindaco. Un lungo elenco di persone a detta dell’opinione comune, il sindaco era inviso a molti per la sua inflessibile volontà di eliminare le costruzioni abusive. Era onesto e questo non piaceva a chi aveva interesse a gestire gli appalti comunali. Da subito sarebbero iniziate le ingerenze politiche, era un bel guaio.. pensò il magistrato, doveva trovare il colpevole al più presto. Un nome da dare in pasto alle belve della stampa. Era un caso che poteva dargli rilevanza nazionale.

L’assassino era moderatamente tranquillo. Certo potevano inserirlo fra i possibili sospettati ma contava sul fatto che percorressero la strada più facile per le indagini. Quella che portava a lui era una pista abbastanza defilata.

Il prete bello si presentò alla casa della vedova alle nove di sera. Ormai la folla dei parenti aveva lasciato la casa dietro sua richiesta. Voleva star sola. Sua sorella si era presa l’incombenza di accudire i bambini, li aveva portati a casa sua. La segui fino nella sua camera, la camera dove aveva dormito con il marito fino la notte precedente. Il letto era sfatto, lei si era distesa. C’era il suo odore su quel letto e la forma del suo corpo. C’era odore di femmina. Lei sedette sul letto e lui le si mise al fianco, le passò il braccio sulle spalle.

La strinse a se.

-Fatti forza.. devi reagire..-

L’assassino pensò a quanto aveva fatto. Commettere l’omicidio era stata una conseguenza ineluttabile, a suo parere. Lui non avrebbe mai accettato la possibilità di perdere quanto aveva ottenuto dalla vita. Non in questo caso.

Il prete bello accarezzava i capelli della donna. Erano serici, molto piacevoli al tatto, li portava lunghi fino alle spalle, inserì la mano sotto di essi e raggiunse la nuca, l’accarezzò mentre le parlava con voce suadente.

-Per difendere il tuo nome, la tua reputazione.. dovremo gioco forza limitare i nostri incontri, non potrò più venire a casa tua. Verrai tu in chiesa. Verrai al confessionale e lì parleremo. Forse potremo fermarci un attimo in sagrestia..-

Lei voltò il viso verso lui, accarezzò con la mano quei tratti che le piacevano tanto. Avvicinò la bocca. Voleva essere baciata. Baciata, ma non per essere confortata. Voleva un bacio d’amore. Caldo.. fremente, come solo lui poteva e sapeva darle. Quando lui la baciava per lei era come sentir suonare le campane dentro la testa. Si sentiva diventare languida, il suo corpo perdeva ogni rigidità e diventava pronto per l’amore. L’amore che lui sapeva farle. Quanti orgasmi aveva provato con lui che instancabile le faceva l’amore! Sesso si.. sesso anche feroce ma sempre con la componente di quell’amore che ormai li legava in maniera indissolubile.

Il maresciallo della locale stazione dei carabinieri era arrivato alla conclusione, dopo averlo visto operare e sentito parlare, che il magistrato di turno che dirigeva le indagini fosse un emerito cretino. Laureato certo.. vincitore di un concorso anche, ma comunque un cretino. Un cretino completo. Voleva l’elenco delle opere edilizie abusive del comune, poi voleva un elenco degli oppositori politici del sindaco, sia del suo partito sia della parte avversa. Bene, confermò il maresciallo.. sarà fatto, ma lui, vecchio del mestiere, sentiva che le cose erano più semplici di quanto ritenesse il magistrato. Da vecchio cacciatore di criminali, aveva un intuito particolare e queste cose le sentiva a naso. Pensò a chi potesse avere un fucile di precisione atto a sparare il colpo mortale: non era un’arma comune, doveva procurarsi l’elenco di chi possedeva il porto d’armi e delle armi a disposizione. E questo andava fatto presto.

Nonostante la recente perdita del marito, in quel momento la donna desiderava il prete bello. Il suo dolore svanì temporaneamente con il bisogno sessuale che provava. La sua bocca glielo fece capire. Lo voleva ora! Adesso! Era disponibile, era sua. Voleva dimenticare tutto in un lungo attimo e lasciarsi andare, perdersi in uno slancio di passione. Di folle passione. Fecero l’amore vestiti, lei scostando solo gli slip che indossava. Lui che sopra di lei la baciava, le mordeva le labbra mentre le diceva parole appassionate. Lei si sentiva trasportare in un mondo magico, solo loro. Un mondo dove erano felici, dove mai dovevano vivere momenti di lontananza. Fu un atto breve ma intenso. Lei.. sentì il proprio orgasmo arrivare da lontano ed esplodere. Urlò forte il suo piacere mentre lui, il prete bello, le beveva i gemiti, le urla, il godimento dalla bocca. Venne anche per lui l’attimo del piacere. Con lei ogni volta era una cosa meravigliosa da provare. Urlò anche lui, un lungo urlo gutturale. Dopo.. esausti e con il respiro rotto restarono avvinti in un lungo abbraccio, lui ancora dentro di lei mentre perdeva lentamente la sua erezione. Si sussurrarono ancora parole d’amore, d’amore eterno. Poi lui la lasciò. Torno al suo alloggio nella canonica, s’inginocchiò davanti all’immagine del Cristo e chiese perdono. Pregò per l’anima del sindaco.


(continua....)


martedì 25 ottobre 2011

Come mi vuoi





- “Come mi vuoi?”

- “Ti voglio nudo, quando domattina verrai ad aprirmi la porta della camera. Nudo e con il çazzo duro.”

Passo una notte agitata. Tra poco ti vedrò per la prima volta, e sarò io a decidere come, situazione insolita per me. Non sono abituata a gestire una trama, mi lascio condurre piuttosto che fare la regia.


- “Sto uscendo ora, tra mezz’ora sarò lì. Sai cosa devi fare vero?”

- “Si, certo.”- La tua voce è ancora impastata dal sonno, ti immagino mollemente sdraiato nel letto, le coperte ancora calde dalla notte appena trascorsa.

Arrivo in albergo, la mia eccitazione comincia a salire, sento il pulsare dei battiti del mio cuore quando consegno il mio documento alla reception.

- “Stanza 403, quarto piano… l’ascensore è in fondo al corridoio.”

Respiro lentamente…. Tum- tum- il martellare ritmico decelera… Premo il bottone dell’ascensore. Ma quanto ci mette ad arrivare… butto fuori l’aria. Si aprono le porte… entro…. Tasto 4. Schiaccio. Mi guardo allo specchio. Ho gli occhi stanchi dalla nottata trascorsa ma vi colgo quel bagliore che conosco bene, che non riesco a nascondere.

Quarto piano, si aprono le porte…esco… 401…402… cammino in punta di piedi per non far sentire il rumore dei miei tacchi… ecco… 403. Busso. Ora il sangue mi pulsa nelle tempie, assordante. Tra poco ti vedrò…tra poco.. qualche secondo ancora. Sento la tua voce, un mugolio provenire dall’interno, ma ancora non apri la porta. Mi sto spazientendo, sai? Busso ancora.

La porta si apre. Eccoti finalmente! Sei  nudo, ti guardo prima in volto e poi subito abbasso lo sguardo.

- “E questo me lo chiami un cazzo duro?”

- “Sei arrivata in anticipo, non ero pronto. Ora ci pensi tu, no?”

- “No, i patti non erano questi. Ora voglio che lo fai diventare duro come ti avevo chiesto.”

Poso la mia borsa mentre ti osservo, in piedi accanto al letto. Te lo prendi in mano, le dita si chiudono intorno alla carne… su e giù… lo scappelli mentre guardo quel movimento ritmico, lento. Ne osservo la consistenza.

“Si, ora è abbastanza duro”- Ti dico mentre lo sfioro girandoti intorno ed andandomi a sedere sul bordo del letto. Ti guardo così, nudo,con la mano ferma stretta intorno al tuo cazzo e quello sguardo interrogativo. Ti starai chiedendo perché mi sono allontanata, perché non ti ho succhiato subito.

Invece rimango qui ad osservarti, come ho fatto tante volte ma a distanza. Anche allora ti lasciavi guardare e tu non vedevi me. Anche ora sono vestita da capo a piedi mentre tu sei in mostra, esposto al mio sguardo. Ci si sente senza difese ad essere spogliati di fronte a qualcuno vestito, si è deboli, senza protezione ed al contempo a me questa situazione dà un senso di potere. E continuo a giocare un po’ con te.

- “Continua a toccarti, ti ho chiesto forse di fermarti?”

- “No no, scusami. Si si continuo, dimmi tu cosa devo fare.”

- “Vieni qui, qui vicino a me.”

Il letto è accanto alla porta finestra di un piccolo terrazzino in comune con altre stanze. Dietro la testata un’altra finestra, e tutte e due hanno le tende aperte. Fuori scorgo il palazzo di fronte, dall’altro lato della strada.

- “Qui davanti? Ma mi vedranno tutti!”- dici mentre ti sposti esattamente nel punto da me indicato

- “Non hai detto che ti piace farti vedere? Eccoti accontentato.”

- “Mi farai cacciare dall’albergo così!”

- “Beh non è un problema mio no? … Bravo continua così”

Faccio fatica a non toccarti ora, sei così vicino che sento l’odore del tuo sesso, noto la cappella bagnata dai tuoi umori. Il giochino si sta facendo pesante per me… quanto potrò resistere?

- “Vuoi guardarmi? Guardami” - dico mentre lentamente mi sollevo la gonna.

Apro le gambe, sono senza calze e mi è facile scostare leggermente lo slip ed introdurci le mie dita… scivolano tra le mie labbra. Sono fradicia. Ora anche il mio odore si espande nella stanza, dolciastro. Ritraggo le dita e le passo sotto il tuo naso.

- “Mi senti?”

- “Basta, dai facciamola finita, non ti sei divertita abbastanza?” Hai fermato la tua mano. Il tuo cazzo svettante ha la cappella violacea da quanto è gonfio.

- “Non ancora” sogghigno mentre mi sfilo gli slip bagnati e te li strofino sul viso. Poi apro bene le gambe e ti mostro la mia intimità

- “Ti prego basta, basta sto scoppiando! Voglio toccarti. Posso?”

- “Inginocchiati. Così, bravo… ora avvicinati” Compi appena due passi sulle ginocchia fino ad arrivare ai miei piedi. Mi assale una strana frenesia, ho voglia di farti male. Ti prendo per i capelli ed abbasso la tua testa verso le mie estremità.

- “Mi hai fatto aspettare fuori della porta, ed ora sei tu ad aspettare me”

Ti tengo sempre per i capelli, sei con la schiena piegata e il viso sopra i miei piedi, infilati dentro un paio di sandali neri dal tacco alto e sottile. Cominci a baciarmeli delicatamente, servizievolmente.

- “Bravo, hai capito cosa devi fare ora”-
(continua....)

lunedì 24 ottobre 2011

La morte in diretta

Stavo per scrivere un post dopo la visione del corpo di Gheddafi ed ecco che un'altra terribile morte in diretta ci colpisce. Dolorosa perché imprevista, perché quando un ragazzo giovane e pieno di vita se ne va pensi che non è giusto, altro che prediletto dagli Dei.

E quelle immagini, le prime dell'ex dittatore che hanno riempito gli schermi televisivi, internet, i giornali… ho visto un programma tv dove dietro i primi piani degli ospiti in studio giravano sullo schermo in continuazione, come un anello quelle sequenze del corpo straziato. Praticamente non era possibile guardare il viso delle persone senza quel fondale. In orario pomeridiano.

Il giorno dopo, un giovane corpo, riverso sulla pista, immobile con riccioli sciolti senza il casco che volava via. Ho pianto.

Mi chiedo il senso di tutto questo, il dovere di cronaca si ma non c'è un compiacimento, un gusto del macabro in ciò? Ed il profanare un corpo, senza più dignità, fotografarlo, esporlo se da una parte è una ovvia conseguenza di una vita trascorsa a sopraffare il prossimo… ecco mi chiedo… anche chi sceglie di riproporle quelle immagini non ci sta sottoponendo alla stessa violenza? Ho scritto di getto e mi scuso per la forma, sono solo pensieri buttati su una tastiera

Ciao Marco, io voglio ricordarti così... ci sei salito sul podio più alto.. più in alto di tutti






sabato 15 ottobre 2011

Vorrei....


Vorrei averti tra le mie gambe…ora… in questo esatto momento mentre sono seduta…Tu tra le mie ginocchia…apriresti delicatamente le mie labbra con le dita… poi le baceresti…fino a far schiudere il mio bocciolo lucido di umori, pulsante….Avvertirei il tocco lieve della tua lingua…e poi le tue dita scivolare dentro di me, a fondo nella mia carne tumida e gonfia…morderesti il centro fremente del mio piacere… lo sentirei indurirsi… gonfiarsi… la mia mano scivolerebbe sui tuoi capelli morbidi, guidandoti, poi allontanandoti…il tuo viso si solleverebbe per posarsi sulla mia bocca… assaporerei il mio stesso sapore dolce sulle tue labbra, e solo allora sentirei il peso del tuo corpo sul mio ventre,e poi il tuo sesso entrare in me, lento ma deciso. Vedrei il bagliore dei tuoi occhi sorridenti irradiarmi con la loro luce… quegli occhi scintillanti che non riesco a dimenticare.

Mi manchi

martedì 11 ottobre 2011

L'assenza dondola nell'aria...





L'assenza dondola nell'aria

come un batacchio di ferro

martella il mio viso martella

ne sono stordito



corro via l'assenza m'insegue

non posso sfuggirle

le gambe si piegano cado



l'assenza non è tempo né strada

l'assenza è un ponte fra noi

anche quando

di fronte l'uno all'altra

i nostri ginocchi si toccano.

Nazim Hikmet



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martedì 4 ottobre 2011

Doppio sogno



Dormire con te. Ovvero non dormire con te…che ore saranno? Eppure ero addormentata, ma la tua presenza mi tiene sveglia, lo sai?E’ il calore del tuo corpo nudo che mi deve aver ridestato, mentre sono appoggiata al tuo petto, o sarà stato il pizzicore dei  tuoi peli che mi sfregano la guancia, immersa nel tuo odore. Come posso dormire con  la tua mano sulla mia spalla che scivola sulla schiena e poi sulle mie natiche. Ne percepisco la temperatura, il peso lieve. Ora se ne sta lì ferma a sancire  il suo possesso, immobile e rilassata sul mio culo. Mi sono spostata ed  ho sentito il tepore del tuo sesso appoggiarsi alla mia coscia, morbidamente. L’ho percepito muoversi, come avesse vita propria… si è allungato e non ho potuto fare a meno di tendere la mia mano e raggiungerlo. L’ho accolto nel mio palmo, l’ho stretto leggermente. Senza vederlo ne ho riconosciuto la forma, il calore della pelle. Ero ancora in quello spazio intermedio tra il sonno e la veglia, gli occhi chiusi e le membra pesanti. Solo i miei polpastrelli  si sono mossi impercettibilmente,  ed ho sentito che ha avuto un sussulto,  come un frullo d' ali… un fremito appena . E ancora… piccole vibrazioni delle mie dita che lui ha percepito… è lievitato lentamente, con la stessa indolenza con cui lo toccavo quasi per metterlo alla prova… due, tre volte.   Amorevolmente ha  risposto  agli stimoli,  si è dilatato, indurito fino a riempire la mia mano chiusa, senza che lo stringessi.
Ma dormi o sei sveglio? Te ne stai in silenzio, sento solo il tuo respiro lento e regolare… muovo il pollice accarezzandolo piano piano per tutta la lunghezza, avvertendo lo scalino della cappella ed i rilievi delle vene ingrossate.  Sono così stanca che non riesco a muovere un  muscolo, ma le dita vanno da sole come su una tastiera di cui conoscono gli accordi. Mentre sei  nella mia mano rivedo  le immagini di poche ore fa, come in un sogno... Ero  piegata sul divano e tu in piedi dietro di me mi aprivi le natiche. Mi hai esplorato il buchino rugoso con le tue dita… prima una.. poi due…  Il mio corpo si è aperto  a te, come se ti riconoscesse …  si è abbandonato … rilassato. Le tue dita fungevano da guida per il tuo cazzo che è scivolato  lentamente nel mio culo senza che opponesse resistenza. Fino in fondo. Mi chiedo come tu faccia a rendermi così, totalmente arresa al tuo uccello. Io non voglio consegnarmi a te, non voglio. Eppure è come se il corpo mi tradisse. Ti segue, mentre il mio cuore è costretto in uno scrigno, chiuso con un lucchetto pesante.  A forza di entrarmi dentro con il tuo cazzo violerai anche il mio forziere, come un predatore di anime, perché questo sei.  Profanerai le mie barriere. E nonostante questo, solo a sentire il tuo calore sulla mia mano, soltanto a rivedere le scene di poco fa il mio corpo diserta di nuovo. Mi bagno.
-          -  “Succhiamelo”. La tua voce risuona perentoria nell’oscurità.

Sei sveglio! Ho sonno  ma quell’animaletto appisolato nelle mie viscere si sta risvegliando… come il tuo sesso anche lui si rianima, mi morde il basso ventre. Sollevo il busto e mi protendo verso il centro del tuo corpo, non ho bisogno di cercarlo, ho il tuo uccello ancora in mano. Mi abbasso e sento il dorso contrarsi, indolenzito, i muscoli tesi si irrigidiscono. Forse è stato quando mi tenevi premuta la schiena sul materasso, così come piace a te, come adoro sentirmi prendere da te.  E’ come se il corpo avesse ancora impressa la memoria di quella posizione, ma il desiderio di soddisfarti supera il dolore. Te lo bacio  delicatamente , avvolto ancora dall’afrore dei nostri fluidi, i miei e i tuoi mescolati. Mi fa impazzire riconoscere il mio odore su di te.  Lo lecco in punta, avvolgo la cappella tra le mie labbra, distinguo il sapore salato delle prime trasparenti gocce di rugiada,  poi lo prendo tutto nella mia bocca calda. Lo succhio forte mentre avverto il mio bocciolo che pulsa, la fessura tra le mie labbra che si inumidisce. Ora voglio godere.
Mi sollevo su di te, piego le  gambe intorno al tuo bacino e poi mi abbasso lentamente… mi impalo sul tuo sesso durissimo ed inumidito dalla mia saliva; lo sento scorrere facilmente dentro di me. Tu non ti muovere, riposati, faccio tutto io. Però non riesci a star fermo, mi prendi i capezzoli che ondeggiano sul tuo viso e li stringi forte, me li lecchi, mi baci mentre il tuo bacino si muove sotto di me, spingendo forte. Ti cavalco ancora un po’, solo un po’ finché ti sento fremere, la tua carne palpitare dentro di me e il fiotto caldo del tuo sperma riempirmi mentre dal mio bocciolo pulsante si irradia una scarica fortissima che mi fa  sussultare tutta.
Mi accoccolo esausta accanto a te, di nuovo nell’incavo della tua spalla a respirare il tuo odore. Ora dormiamo, chiudi gli occhi amore.
Mi addormento e sogno… sogno una scalinata di marmo bianco lucente altissima ed io che salgo le scale nuda con indosso soltanto sandali neri  dai tacchi stratosferici.  Faccio fatica a salire gli erti gradini  ed arrivata in cima noto un uomo sul grande ripiano  e solo allora mi accorgo di essere nuda. Nuda ed indifesa. Nuda ed osservata, scrutata. Solo allora provo vergogna.
Mi manca il fiato e mi sveglio di soprassalto, agitata. Apro gli occhi lentamente, fatico a capire dove mi trovo… percepisco però che non sei qui con me,  l’altro lato del letto è vuoto.
Era solo un sogno?


domenica 2 ottobre 2011

tdx