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lunedì 2 maggio 2011

Il diario di Adele Prima parte



Cara Laura,

ti chiederai il perché di questo pacco, accompagnato da una lettera vergata a mano.
Al telefono ti ho chiesto di aprirlo soltanto dopo averla letta tutta, me l’hai promesso, ricordi? Non sono più abituata ad usare la penna su un foglio totalmente bianco, sto quasi facendo fatica ad andare dritta , a rendere leggibile la mia calligrafia, ma così mi pare cosa più intima, più vera e soprattutto adatta a quello che ti sto per dire. E mi ricorda quando, al liceo ci confidavamo nei nostri rispettivi diari. Io sul tuo e tu sul mio.
In tutti questi anni non ci siamo mai perse, ed ogni volta risentirsi, rivedersi, è stato come riannodare i fili di un legame mai sciolto. Quanto abbiamo parlato, quante cose ci siamo raccontate, soprattutto io. Tu sei sempre stata più riservata, più restia ad esporti. Il tuo contenerti mi dava l’idea di una grande forza interiore, come il tuo saperti dosare negli affetti e nella vita. Ho quasi invidiato la tua pacatezza, la regolarità della tua esistenza. Ogni volta ti travolgevo con i miei racconti, le mie inquietudini. Ti ho chiamato spesso per un consiglio, sei stata la mia bussola, il mio punto di riferimento. A volte quasi brutale nel tuo mettermi di fronte alle decisioni che non volevo prendere, severa. E non abbiamo mai litigato, mai. Ci siamo completate, tu invece hai ammirato il mio vivere senza regole, la mia assoluta libertà, i colpi di scena, la passionalità.
Laura, sapessi quanto mi ha stancato questo essere sempre in balia delle onde. Non devi invidiare la mia indipendenza, la tua quotidianità è così ricca, tu non te ne rendi conto di quello che hai.
Dentro il pacco c’è un mio diario. Non ti fare ingannare dalla copertina rosa, dal bimbo adagiato su un tappeto di margheritone. All’apparenza potrebbe sembrare quello di un’adolescente, ma aprendolo non vi troverai cuoricini e disegni fatti con i pennarelli colorati, come nel diario di scuola. Ti ricordi quanto abbiamo riso, quell’estate sotto l’ombrellone quando l’ho ritrovato? Sembravamo due adolescenti. Ci abbiamo messo quasi due giorni a leggerlo tutto, mentre i tuoi figli prendevano il sole inconsapevoli, nuotavano ed andavano sul pedalò. Erano le tue parole che leggevamo.
In tutti questi anni tu sai quante case ho cambiato, e nei diversi traslochi molte cose sono andate perse, evidentemente oggetti senza importanza, ma i miei diari mi hanno seguita sempre. Chissà, forse nel caos della mia vita ho cercato di mantenere un punto fermo, almeno nella mia memoria. E’ curioso che tu invece ti sia spostata soltanto di poche centinaia di metri dalla casa dei tuoi genitori, sulla stessa strada, ed un bel giorno hai deciso di gettare tutto. Che dispiacere quando mi hai confessato che hai cercato tanto quell’agenda e poi ti sei ricordata che un giorno hai voluto cancellare quello che rimaneva di quegli anni, hai avuto timore che tua figlia leggesse. Io invece ho persino ritrovato le pagine che ti avevo scritto quando lei era nata. Anche tu avevi la tua zona d’ombra, la tua parte buia e nascosta, è questo che hai avuto paura che lei scoprisse? Io so cosa conteneva quel diario, ma ora sei un’altra, sei una donna.

A volte penso che avere la capacità di dimenticare, di eliminare quello che non ci appartiene più sia un bene. Io in certi momenti vorrei aprirmi la testa e tirare fuori tutto, svuotarla da immagini, suoni, odori, perché ho accumulato troppo. I ricordi non si sovrappongono, non si accatastano l’uno sull’altro in modo tale che riemergano prima quelli più vicini. La mia memoria piuttosto è a zone, a finestre. E’ tutto sullo stesso piano. Ma non è che sto li a guardarmi sempre indietro, sai? A volte basta un odore, un sapore, un’ immagine e tac! “Cueing” lo chiamò Galton: innescamento, negli studi sulle capacità rievocative e associative della memoria, soprattutto in “episodi connotati da un forte impatto emotivo”.
Ti piace la citazione?Come vedi qualcosa mi è rimasto pure dei miei studi, anche i miei libri mi seguono dovunque.
Insomma, in un attimo eccoti scaraventata in un'altra dimensione, indietro nel tempo. Gli odori poi sono ancor più evocativi. Una volta al supermercato mi bastò aprire il tappo di una crema solare, appoggiare il naso proprio sul buchino, premere un po’ sulla confezione a farne uscire la fragranza ed improvvisamente mi ritrovai in barca, io e mia sorella bambine e mia zia che me la spalmava sulla schiena. La Coppertone tappo rosa aveva avuto la stessa funzione della madeleine di Proust. Mi pareva quasi di percepire l’odore del mare, delle cozze sgusciate dopo la pesca direttamente sul motoscafo, delle viscere del pesce, di sentire lo sciabordio delle onde sulla chiglia. Quel rollare lento, nella dolce calura del dopo pranzo mi faceva quasi girare la testa. Richiusi il tappo e tutto svanì, ritornò al suo posto nel cassetto della memoria.
Ma sto divagando troppo vero? Vedi non è solo la mia memoria, sono io che ragiono così, a macchia di leopardo, non sono lineare, non sto dentro i binari. E’ difficile starmi dietro, lo so.
Ti parlavo del mio diario, quello che avrai tra poco fra le mani. Ho scelto apposta quella copertina innocente, con quel bimbo dalla carne tenera, i piedini e i polsi grassocci con la piega. Ogni volta che l’ho aperto mi pareva che quegli occhioni blu mi guardassero, ricordandomi il bimbo che non è mai nato.
In questi ultimi anni ci ho scritto i miei pensieri malsani, i miei incubi. Un po’ come quando, da bambina, mi svegliavo piangendo per un brutto sogno e mio padre mi stringeva tra le braccia: - Disegna quello che hai sognato e vedrai che non ti farà più paura.- Così prendevo un foglio, le matite colorate e tratteggiavo dei mostri, oppure dei fantasmi, o un lupo che mangiava la sorellina. Poi dopo, completato il disegno lo sollevavo e lo guardavo come se lo vedessi per la prima volta. Ora che erano sulla carta quelle creature orribili erano meno minacciose. Forse con i colori le avevo rese meno spaventose, e questa cosa mi sembrava quasi una magia: disegnavo e i mostri sparivano, non mi tormentavano più. Poi crescendo, quando ho imparato a scrivere, mi piaceva mettere su carta i miei pensieri, tenere un diario. Forse pensavo che nuovamente si sarebbe compiuto quell’incantesimo. Amavo stare in silenzio a riempire quelle pagine di pensieri, di poesie, disegni fatti con la stilografica nera. Ti ricordi anche in classe quanto scarabocchiavo? Non stavo mai attenta, sempre presa dalle mie meditazioni, dal mio scrutarmi dentro facendo finta invece di prendere appunti.

Poi per tanto tempo non l’ho più fatto, fino ad un anno fa, quando ho chiuso la relazione con Enrico. Ti ricordi le pene, i patimenti e quante volte ti ho chiesto consiglio?E il tira e molla interminabile, e il sentirmi sempre in sospeso, ed il riprendere dopo mesi fino allo stop definitivo. Basta. Sono sempre io che decido, io che recido i legami. E pensi sia facile, o meno doloroso? Soprattutto quando senti ancora un sentimento forte ma sai che non c’è più storia, non può più essere. Sei stanca. Insieme al miele ti devi sorbire anche il fiele.
Non ho mai parlato con te di quello che ho fatto veramente in questo anno. Troverai delle pagine strappate nel diario, ci sono cose che ho pudore di mostrare persino a te. Sono cose che non capiresti. Non sai cosa significa usare il sesso come antidepressivo, o come una droga, per non pensare. Da allora, nelle ultime pagine, ho cominciato a segnare con una matita i nomi degli uomini che ho incontrato.
(continua.....)

4 commenti:

  1. Attendo il resto.
    Graffia in profondità. Confessare a qualcuno chi sei dentro.
    Talvolta mi domando se io stessa so chi sono dentro....

    Wings

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  2. Grazie... addirittura graffia?
    chissà forse l'idea è venuta fuori dopo il mio "outing"

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  3. Graffiante, come commentava un altro utente.
    Commovente, in parte.
    Ed io, io che ho cercato, senza successo, di ricordarmi del profumo della Coppertone.
    Graffia.
    Punge.
    E commuove.

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  4. il profumo della Coppertone tappo rosa è indimenticabile per me.
    Grazie per avermi letto Uomo!

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tdx