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giovedì 16 dicembre 2010

Mi ritorni in mente...




Mi ritorni in mente...

bello come sei... o come eri. Lo so che lo sei ancora, bello intendo. Ti ho visto, ho digitato il tuo nome su google...immagini. Ed eccoti qui, con i tuoi capelli ricci un po' meno voluminosi, i lineamenti squadrati, il tuo fisico possente leggermente appesantito. Sei sempre lo stesso, con il tuo splendido sorriso e qualche ruga in più intorno agli occhi. Non so perché ti ho pensato, o forse si. Come tutti gli amori non vissuti, non consumati, che ti lasciano sempre quel senso di incompiutezza... qualche volta mi ritorni in mente, così, seguendo una serie di associazioni mentali, una scia di ricordi..

Quanti anni avevo? Diciassette, quando ti ho visto la prima volta, a cena a casa tua. Destini incrociati, quelli della mia e della tua famiglia. Tuo fratello e mia sorella, io e te. Mi hai guardato e mi hai rivolto le tue prime parole prendendomi per mano e portandomi fino in bagno:

- Sei proprio una bambina, vieni, andiamo a lavarci le manine.

Hai aperto i rubinetti, mi hai preso le mani tra le tue e me le hai insaponate, poi le hai risciacquate ed asciugate con cura. Io ho guardato intimorita quel gigante buono riflesso nello specchio e sono rimasta senza parole. Mi avevi già stregato.
Che ricordi dentro il tuo maggiolino! I tuoi baci, le tue labbra sottili ma morbidissime, e le carezze quando mi riaccompagnavi sotto casa, la mia mano che ti toccava il ventre, l'ombelico, poi inspiravi trattenendo il fiato e lasciavi che i jeans si scostassero quel tanto in modo che le mie dita si insinuassero dentro e sentissi il calore del tuo sesso... appena, appena. Ah quei jeans! Ho l'immagine di te che attraversi la piazza correndo, la stoffa dei pantaloni che costringe a stento le tue gambe, i tuoi muscoli che guizzano mentre mi corri incontro.
Ed ogni volta.. fermarsi ogni volta che siamo stati vicino a farlo.
Quanto parlavamo! tutti i giorni, tutti i giorni alla stessa ora, seduti sulla stessa panchina di marmo. Tu del tuo amore incorrisposto, io del mio che era di un' altra e che mi dedicava soltanto le briciole del suo tempo.
Amici. Strana amicizia, attraversata da quella corrente di desiderio che serpeggiava sempre tra noi.
Un desiderio mai appagato, mai consumato. Con il timore che si rompesse quell'incantesimo, che poi tutto sarebbe stato diverso, forse scontato.
Una sera tu dormivi sul mio divano ed io ti venni a dare la buonanotte vestita solo di una camicia da notte leggera. Percorresti con le mani il mio corpo attraverso la stoffa, percepii il tuo calore,  la rigidità del tuo sesso premermi contro. E poi il tuo bacio a fior di labbra:
- Buonanotte, vai a dormire, vai.

E il bigliettino che mi lasciasti la mattina dopo:
- Buongiorno, stanotte mi sono proprio trattenuto.Ti voglio bene

Era naturale per te entrare in casa mia, d'estate, e toglierti la camicia, con un gesto spontaneo che facevi senza malizia. Più difficile per me guardarti e non soffermarmi ad osservare il tuo torace, i tuoi muscoli, le tue braccia ....quelle braccia che spesso mi avevano avvolto, consolato. Mi facevi sentire protetta.
Come quella volta, forse per rivendicare il tuo possesso su di me, ora che amavo un altro, forse per mettermi alla prova che sei entrato in camera mia così.
Ero sdraiata a leggere sul letto, con un abitino verde prendisole, le gambe nude, le spalline sottili legate da un fiocco, il decolleté traforato da piccoli fiorellini. Mi rimproverasti bonariamente  perché non indossavo il reggiseno, avevi notato che si intravvedeva la mia pelle chiara dai quei forellini. Che ingenua, non mi accorgevo che il mio corpo era diventato quello di una donna, e non avevo alcun atteggiamento provocatorio quando indossavo quel vestito. Mi ricordo che ridevamo mentre ti  avvicinasti, poi non so come è accaduto che mi hai baciato il collo, hai sciolto quei fiocchi ed abbassato la scollatura del vestito, hai liberato i miei seni mentre continuavo ad implorarti di no, di non farlo. Ma il mio corpo contraddiceva le mie parole... lo capivi, vero? Sentivo la tua lingua sui miei capezzoli, lambirli e succhiarli come non avevi mai fatto, quasi disperatamente. Il tuo sesso che premeva sul mio, che cominciava a scivolare dentro di me.
Mi spostai, mi coprii con le mani il pube. Non voglio, non voglio farlo. Perché adesso, perché non prima, quando avresti potuto soltanto allungare una mano e cogliermi.  Sento lo stomaco che si attorciglia, svuotato, e riempito dal desiderio che ho di te, dalla voglia che ho di sentirti sopra di me, di lasciare che il tuo sesso mi invada. Perché proprio ora, perché?
Ti caccio via in malo modo, poi vedo i tuoi occhi tristi e mi lascio impietosire. Ti bacio su una guancia, mentre sei sdraiato accanto a me.






- Accarezzami come sai fare tu- mi dici
Ti sfioro appena con una mano e ritrovo il calore del tuo corpo, ripercorro con le dita la tua pelle liscia, bacio il tuo ventre, l'ombelico... scendo fino a baciare il tuo sesso vibrante, umido. Poi appoggio la mia testa sul tuo petto.
- Scusami sarà per la prossima volta.-
Ma non ci fu una prossima volta, l'incantesimo si era rotto, per sempre

7 commenti:

  1. Che bastarda avrei aggiunto io ;)
    mi dispiace per la fine non lieta

    sul fatto che tu sia brava non oso dubitare

    anche se...


    mai dire mai

    notte!
    cavallo pazzo

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  2. ma come bastarda? Mi sa che non hai colto il senso di tutto il racconto!

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  3. la parte finale mi riferivo
    però almeno ti sei scusata lui avrà capito e soprattutto gradito
    cavallo pazzo

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  4. @cavallo pazzo: appunto non hai capito, se c'è un bastardo quello era lui!

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  5. @concordo con Vuerre, il bastardo del racconto era senz'altro lui...

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tdx