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giovedì 23 dicembre 2010

Il tagliatore di teste.




Tagliatori di teste, head chopper li chiamano quelli come te.
- Mi occupo di ristrutturazioni aziendali, fusioni di società in crisi come consulente esterno. - Questo mi avevi detto.
In realtà, licenziamenti, tagli. Di teste, appunto. Avrei dovuto capirlo subito.
La tua apparente freddezza, il tuo pesare le parole e il tuo sguardo sfuggente. Eppure, quando ti ho conosciuto mi aveva colpito proprio la tua eleganza, il tuo distacco, la tua sobrietà. Sempre impeccabile, mai una parola fuori posto, di chi è abituato al controllo. Controllo delle emozioni. Ma, dentro i tuoi occhi scuri avevo colto un bagliore, quando si fissavano nei miei. Il guizzo della passione, nascosto, da scoprire. Ed era questo che mi aveva incuriosito. Svestirti di quei panni severi, capire cosa occultavi dietro quella facciata seria, questo avevo desiderato fare.
E la tua voce, dai toni sommessi e quell’accento del sud mescolato al milanese, le vocali che non seguono una logica, la modulazione altalenante. La managerialità settentrionale e la passionalità partenopea.
Mi chiami e come prima cosa mi inviti “a fare shopping” .

- Vieni, sono al centro. Prendi un taxi, non ti preoccupare, pago io.-

Pago io? Detesto gli uomini che tentano di comprarti facendo sfoggio del loro denaro. La cosa mi irrita, discutiamo e mando all’aria il nostro primo appuntamento.
Poi mi chiedo perché, perché hai bisogno di attrarre una donna con lusinghe e promesse. Come se non fossi consapevole del tuo fascino. O forse, sei talmente avvezzo a barattare, vendere e svendere esseri umani che lo fai anche con una donna.
Però al telefono sei dolcissimo. Mi mandi sms tenerissimi. Cerchi di riparare, perché hai capito che con me non è aria.
Mi chiedo quante donne sono così, quante approfitterebbero della situazione. Immagino che sia per questo che il tuo primo approccio è stato di questo tipo, come fosse una routine. Forse sono io che sono sbagliata, in una società dove le escort fanno notizia e le puttane siedono in parlamento. Sono io, si, non tu.
Tu conosci molto bene il potere del Dio denaro. Potere al quale finora non mi sono soggiogata. Amo troppo la mia libertà, libertà che comprende anche quella di scegliere. Di non sentirmi in obbligo con un uomo. Di decidere. Posso anche essere perversa e dissoluta, ma soltanto per piacere. Il mio e quello del mio uomo. Non per possedere qualcosa. Se amo do tutto, anche a rischio di non avere niente in cambio, non presento il conto dei miei sentimenti.
Alla fine, arriviamo alla prima cena, in una gelida serata di dicembre. Parli parli di lavoro, di economia, della crisi, di aziende quotate in borsa. Certo non sono un’esperta, ma so sostenere una conversazione. Chiacchieri chiacchieri, ma non parli mai veramente di te. Non ti esponi. Stai studiando il nemico… bene, allora non lo faccio anche io.

La villa a Portofino, vicina a quella di un noto imprenditore. E la tua collezione di costosissimi orologi e di auto. Credi di impressionarmi con queste cose? E naturalmente una moglie e dei figli, dettaglio non trascurabile. Che vivono al Nord, lontano da te che giri l’Italia e che hai un’altra sede qui vicino. Cosa cerchi, compagnia per le tue serate invernali? Noiosamente banale. Ma perché gli uomini non riescono a stare da soli?
E naturalmente, mentre le aziende crollano, i tuoi affari prolificano. E’chiaro, sei una specie di iena che azzanna l’animale ferito.
Ti farò penare, lo sai? Perché un po’ ti detesto, ma al tempo stesso mi attrai. E non capisco perché.
E poi, io penso ancora a Lui. Sono uscita con te per distrarmi, ma due mesi sono pochi, e lui mi ha lasciata in sospeso, il cerchio non si è chiuso. E mi manca terribilmente.
Quando mi saluti, così, inaspettatamente, mi baci. Mi sorridi con gli occhi, e finalmente vedo quel bagliore che si accende, mi prendi il viso tra le mani, prima mi baci sulle guance e poi mi sfiori le labbra. La tua lingua si insinua tra i miei denti, poi mi prendi la mano, e l’avvicini a te. Io però mi irrigidisco, sento che il mio corpo non è disposto ad aprirsi a qualcun altro. Non ancora. Ti saluto e vedo che hai capito, me lo dicono i tuoi occhi. Ci sarà un’altra cena, da cui te ne andrai stizzito, quasi senza salutarmi.
E poi, tempo dopo, il mio Amore Malato ritornerà, decido di dargli un’ultima possibilità, che si brucerà in pochi mesi. Il cerchio si chiude, definitivamente. E proprio quando ho stabilito di mettere un lucchetto al mio cuore ancora ferito, proprio allora, quando sono ancora fragile ma al tempo stesso decisa a voltare pagina… è allora che tu, come se avessi avuto sentore di qualcosa, come se avessi annusato l’aria con il tuo fiuto di sciacallo in cerca della preda sanguinante, mi ritrovi.
Che dolcezza nelle tue parole!
- Ti stavo pensando sai? Sto facendo colazione ai Navigli.
- E cosa pensavi?
- Che non vedo l’ora di abbracciarti, voglio sentire il calore del tuo corpo…

(continua....)

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