di Cristina Leti
È un frutto di fico
squarciato da un morso – il pube languido
che riposa umido sotto le lenzuola –
che secerne a gocce,
lungo la buccia verde e liscia,
dal picciolo strappato
il liquido vischioso e bianco come il latte.
Migrano sull’albero nodoso i pensieri stanchi;
oltrepassando il diaframma
di una finestra dagli scuri socchiusi
e graffiandosi con le sue foglie ruvide e ampie.
La stanza non è buia; è solo in penombra
ed è per questo che accoglie
silente
tutti i rumori e gli odori dolci dell’estate.
È bastato poco perché estremità carnose
s’aprissero al tocco leggero di dita esperte.
Sei come il vento bizzarro e impudico di giugno:
che sfoglia e scarta i petali dei fiori della magnolia
e ne disperde poi,
nell’aria, il polline giallo e farinoso.
Che scritto seducente !
RispondiEliminaTi devo ringraziare Vu, da quando siamo ''collegate '' coi blogs mi hai fatto conoscere letture davvero stimolanti per i sensi...tutti ;)
Ciaoooooo.
davvero? sai questa l'ho trovata per caso in rete, ma, al contrario di altri cito le mie fonti! :-)
RispondiEliminaHo cercato la foto di un fico aperto che fosse evocativo poi alla fine questa non è un granchè...